Tutti abbiamo pensato almeno una volta di installare un impianto di videosorveglianza per tutelare i nostri beni. La domanda sorge spontanea: entro quali limiti e secondo quali modalità è possibile farlo?
Partiamo dal presupposto che il privato può legittimamente installare una propria telecamera E lo può fare anche sulle mura condominiali. Tale tipo di intervento è stato più volte considerato legittimo dalla Suprema Corte in virtù dell’articolo 1102 c.c., che dà la possibilità al singolo condomino di utilizzare il bene comune senza pregiudicare il pari uso agli altri comproprietari e senza mutare la destinazione del bene comune.
In ordine al trattamento dei dati personali
L’installazione di una videocamera potrebbe far sorgere problematiche in tema di trattamento dei dati personali.
Per quanto concerne la tutela dei dati personali si osserva che, in base all’art. 2 del Reg. EU n. 679/2016, quando il trattamento è effettuato da una «persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico», non trovano applicazione le disposizioni del GDPR.
Di talché, è di tutta evidenza come l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza da parte di persone fisiche nelle aree di diretto interesse (quali quelle inerenti al proprio domicilio e le sue pertinenze) sia da ritenersi, in linea di massima, escluso dall’ambito di applicazione materiale delle disposizioni in materia di protezione dati, perché rientrante tra le attività a carattere esclusivamente personale e domestico.
Le aree condominiali
Va però specificato che, secondo gli ultimissimi orientamenti giurisprudenziali, la non applicabilità del GDPR in caso di installazione del privato viene meno laddove l’uso non sia considerabile più come prettamente personale, e ciò avviene ove questi inquadri aree condominiali o di terzi.
L’ambito di comunicazione dei dati non deve eccedere, quindi, la sfera familiare del titolare e il trattamento non si deve estendere oltre gli ambiti di stretta pertinenza del titolare, riprendendo, per esempio, immagini in aree comuni (anche di tipo condominiale quali scale, androni, parcheggi), luoghi aperti al pubblico (vie o piazze), o aree di pertinenza di terzi (giardini, terrazzi, porte o finestre di pertinenza di terzi). In tali circostanze, in linea generale, il trattamento effettuato deve ritenersi illecito in quanto privo di un’idonea base giuridica.
Il legittimo interesse
Sul punto, tuttavia, viene riconosciuto il diritto (del titolare del trattamento) a tutelare il proprio diritto alla proprietà, previa dimostrazione del cosiddetto legittimo interesse, da considerarsi come base giuridica eccezionalmente applicabile laddove sussistano i requisiti della necessità e dell’attualità del diritto alla tutela della proprietà privata.
Tale diritto deve in ogni caso essere bilanciato con quello concernente la riservatezza del dato personale del soggetto ripreso dalla telecamera. L’esame sul bilanciamento in questione poi, in caso di disaccordo tra le parti, è rimesso al giudice di merito. Ciò vuol dire che nel caso in cui per riprendere la propria proprietà o una propria pertinenza, il privato si trova a violare la riservatezza altrui, riprendendo anche un’area condominiale o di terzi, bisognerà effettuare una valutazione “caso per caso” prima di poter ritenere legittima o meno l’installazione.
In conclusione
Il condomino può installare un proprio impianto di videosorveglianza su parti comuni, ma sarà responsabile del trattamento dei dati personali così trattati (audio/video) dovendo, se chiamato in tal senso, motivare alle competenti autorità le ragioni giustificatrici dell’installazione nel caso in cui la ripresa si spinga sino a luoghi comuni ad altri o di terzi.